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Copywriter freelance: perché dire di no

Ho già accennato a questo argomento nel mio articolo “Copywriter freelance: chi è“, ma oggi vorrei approfondire il tema del perché un copywriter freelance dovrebbe dire di no a dei lavori che gli si presentano davanti.

Copywriter freelance: cambio di mentalità

La differenza tra dipendente e freelance sta soprattutto nella mentalità: da freelance non ti è più richiesto di lavorare su qualsiasi progetto, gradito o non gradito, né di gestire un cliente che non è nelle tue corde e con cui non c’è sintonia. Anzi, in quanto freelance devi per forza compiere delle scelte e dirottarti verso i progetti più stimolanti e verso i clienti con cui si lavora meglio e -perché no – capaci di garantirti una certa continuità.

Non entro troppo nel merito della redditività: anche se il fare meno sforzi e guadagnare il più possibile è il sogno di molti, per i liberi professionisti non tutti i progetti stimolanti sono per forza redditizi… e viceversa. Di sicuro lavorare su un progetto per nulla stimolante solo perché è particolarmente redditizio non ci porta molto lontano, per cui a volte bisogna abbassare le mire ma avere il grande vantaggio di lavorare su un tema che ci piace, che ci entusiasma e che ci fa crescere professionalmente. Detto questo, ognuno deve fare i conti e capire cosa gli convenga e cosa no.

Copywriter freelance: perché dire di no

Vediamo quali sono a mio personalissimo avviso alcuni motivi per cui un copywriter freelance dovrebbe dire di no a proposte lavorative.

1) Progetto non interessante o non rispondente alle proprie capacità

Il rifiutare un progetto ritenuto non interessante o che non si confà con le proprie capacità è sintomo di maturità e di responsabilità. Certo, ci vuole anche molta umiltà: perché dovrei dire di sì a tutti coloro che mi contattano per preparare piani editoriali per social network, quando non mi sento idonea per quel tipo di lavoro e so che molto probabilmente non produrrei i risultati sperati?

Il dire di no a qualcuno ci lascia più spazio per dire di sì ad altri,  concentrare gli sforzi laddove ci sentiamo più liberi di esprimerci, far crescere relazioni professionali già consolidate e avviarne di nuove.

2) Lavoro eccessivamente difficile e che richiede conoscenze pregresse approfondite

Un copywriter freelance potrebbe desiderare cimentarsi nella scrittura di testi per qualsiasi ambito, perché solo così si può imparare. E se da un lato questo è vero, dall’altro bisogna mettersi di fronte ai propri limiti: scrivere di materia legale, automazione industriale, moda, dettagli tecnici di macchinari non è per tutti, per cui bisogna essere onesti e fare subito chiarezza con il proprio committente. Se poi dall’altra parte c’è la disponibilità a un affiancamento o alla preparazione di bozze da sistemare e ampliare, allora il discorso è diverso.

Qui mi preme dire una cosa: internet è piena di mala informazione. Quando cerchiamo in Google “rimedi naturali per il mal di gola“, escono al momento 1.600.000 risultati: scritti tutti da medici o da omeopati? Oppure dai nostri nonni, che ne sanno tante e tante? Non credo: lì c’è un lavoro intenso di copywriting. Qualcuno sicuramente si è informato a fondo e ha preparato articoli ben fatti e utili; in altri casi le fonti e le soluzioni proposte non sono molto attendibili, per cui se non ci approcciamo con criticità rischiamo di “bere” qualsiasi cosa venga detta. Con rischi, come in questo caso, anche sulla salute.

L’etica professionale del copywriter freelance impone il non inventarsi le cose e lo scrivere solo attingendo da fonti vere e comprovate: altrimenti si va a incrementare la già notevole fuffa che si trova online. E – cosa altrettanto grave – si va a sminuire la nostra professionalità: scrivere un articolo facendo le dovute ricerche ha un prezzo ben diverso dallo scopiazzare informazioni a destra e manca.

copywriter freelance al lavoro

3) Lavoro sottopagato

Va bene venire incontro alle possibilità del cliente, va bene pensare in ottica di collaborazione continuativa, ma come copywriter freelance non dovete permettere a nessuno di sminuire la vostra professionalità e di sottopagarvi. Non esiste un listino prezzi: in base alle vostre conoscenze, al modus operandi, al tempo previsto per il lavoro, all’esperienza che avete accumulato, al tempo che dedicate alla formazione e all’aggiornamento, alla disponibilità nell’essere contattato e al rispetto delle tempistiche fate il vostro prezzo, poi il cliente è libero di accettare o meno. Accontentarvi di un prezzo troppo basso vi lascerà scontenti e non vi aiuterà a pagare le tasse.

4) Cliente che si dimostra inaffidabile

Questa inaffidabilità è da intendersi sotto più punti di vista: inaffidabilità nel dare informazioni, inaffidabilità nel dare feedback, inaffidabilità nei pagamenti. Non è sempre facile capire subito con chi abbiamo a che fare, ma a volte alcuni elementi sono troppo evidenti. E col tempo si impara a notare subito alcune caratteristiche che vanno a incrementare il nostro “indovina chi” di interlocutori.

5) Interlocutore che non ascolta

Trovo questa una categoria particolarmente fastidiosa: mi è capitato alcune volte (poche, per fortuna) di essere contattata da potenziali clienti che iniziano a parlare a raffica, pensando di avere la verità in tasca e chiedendoti a stento informazioni dettagliate sul tuo iter professionale e sulle tue predisposizioni. Il discorso è incentrato quasi esclusivamente su di loro.

In questi casi, a meno che io non venga smentita in poco tempo (magari avevano fretta…), preferisco lasciare perdere: chi non ha l’indole di ascoltatore quasi sicuramente non apprezzerà il tuo lavoro e non riuscirà a darti gli input che ti servono.


Questi 5 punti per ora possono bastare: se hai delle osservazioni o dei pareri diversi, sono i benvenuti 🙂

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