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Uomo che guarda orologio

È giusto obbligare ad aprire una Partita Iva?

Ieri ho ricevuto una telefonata da parte di una mia amica, attualmente disoccupata. Le era appena stata fatta una proposta di lavoro a patto che aprisse Partita IVA, e voleva chiedermi consiglio a tal proposito.

Dentro di me è scattata subito la domanda: è giusto offrire lavoro a un candidato vincolandolo all’apertura di una Partita Iva?

Rapporto di lavoro vincolato all’apertura di una P. IVA: giusto o sbagliato?

Senza voler scoraggiare troppo la mia amica, ho cercato di farla riflettere su alcuni punti.

Innanzitutto credo che non possa esistere Partita Iva senza una naturale, propria predisposizione all’attività autonoma. La Partita Iva non è per tutti: è vero che non si firma con il sangue e se le cose non van bene si può sempre chiudere, tuttavia è una scelta che richiede impegno, anche (e forse soprattutto) mentale. Per una persona abituata a lavorare come dipendente – come nel caso di questa mia amica – il passaggio non è così ovvio: non per niente le sue prime domande sono state relative a quanto pago di tasse, di INPS e di commercialista, e calcolatrice alla mano si è messa a fare il conto su un’ipotetica entrata mensile.

Il secondo tema di cui abbiamo parlato è la questione del fisso + provvigioni. Questo possibile datore di lavoro le ha promesso un fisso mensile più provvigioni (in una percentuale non specificata) alla chiusura di contratti. Le ha anche stimato un fatturato annuo di tot mila euro, assicurando di avere già un bel pacchetto clienti pronto per lei. Ho percepito immediatamente poca serietà: come si fa a stimare un fatturato annuo, se le provvigioni dipendono esclusivamente dalla chiusura dei contratti?

Mani che si stringono

Il terzo tema è quello del vincolo di orari. Per me Partita Iva = libertà: trovo che nulla sia più appagante di lavorare quando vuoi, dove vuoi e per chi vuoi, rispondendo esclusivamente a te stesso delle tue decisioni. Nel caso della mia amica avrebbe sì libertà nell’organizzarsi i propri appuntamenti (NB con il portfolio fornito da loro… che tipologia di clienti le affidano?), ma le è richiesta almeno una parziale presenza in ufficio ogni mattina per brief e condivisione delle attività. Dov’è allora la mia libertà di lavoratore autonomo?

Il quarto tema è quello della fattura a un unico cliente. Se io decido di aprire Partita Iva, con tutti gli onori e gli oneri connessi, voglio poter essere libera di costruire una mia rete di contatti e di fatturare a chi mi pare e piace. Nel caso di questa amica, credo che avrebbe senso aprire una Partita Iva se fosse lei a sentirsi pronta ad avviare una carriera da freelance. Non è questa la situazione. E poi, è consentito emettere fattura a un solo cliente?

Il quinto tema è quello dello scarica barile. Chiedendole di aprire una Partita Iva l’interlocutore si tira indietro da qualsiasi obbligo nei suoi confronti, nonostante si sia detto super oberato e realmente in cerca di una nuova risorsa per il team. Dunque hai davvero bisogno di me, sì o no?

In conclusione: una Partita Iva non è per tutti

Io penso che la scelta tra Partita Iva e un contratto da dipendente sia una questione strettamente personale. Così come io non tornerei a una condizione di lavoratrice dipendente, tante persone non si sognerebbero mai di aprire una Partita Iva. E spingerle a farlo solo perché hanno necessità di lavorare lo trovo davvero poco corretto.

E tu cosa ne pensi?

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